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Interdittive Antimafia Dipendenti Pubblici Forze di Polizia

in News

Interdittive Antimafia Dipendenti Pubblici Forze di Polizia. Tuttavia, quando coinvolgono dipendenti pubblici, inclusi membri delle forze di polizia, la questione assume una complessità particolare.​

Applicazione delle interdittive antimafia ai dipendenti pubblici

Le interdittive antimafia sono tipicamente rivolte a soggetti economici, come imprese e società. Tuttavia, in casi eccezionali, possono essere applicate anche a persone fisiche, inclusi dipendenti pubblici, qualora vi siano elementi concreti che indichino un rischio di infiltrazione mafiosa attraverso il loro operato. Ad esempio, un dipendente pubblico che, attraverso il proprio ruolo, favorisca consapevolmente interessi mafiosi potrebbe essere oggetto di un’interdittiva antimafia.​

Coinvolgimento delle forze di polizia

Le forze di polizia svolgono un ruolo cruciale nel contrasto alla criminalità organizzata e nella raccolta di informazioni per l’emissione delle interdittive antimafia. Tuttavia, vi sono stati casi in cui membri delle forze dell’ordine sono stati coinvolti in attività illecite legate alla criminalità organizzata. Ad esempio, sono stati documentati episodi in cui agenti hanno fornito informazioni riservate a organizzazioni mafiose o hanno ostacolato indagini in corso. Tali comportamenti, se accertati, possono portare a procedimenti disciplinari e penali, ma l’applicazione di un’interdittiva antimafia a un membro delle forze di polizia è rara e richiede una valutazione approfondita da parte delle autorità competenti.​

Procedura e garanzie

L’emissione di un’interdittiva antimafia nei confronti di un dipendente pubblico o di un membro delle forze di polizia deve seguire una procedura rigorosa, garantendo il diritto alla difesa e alla partecipazione al procedimento. Il soggetto interessato ha il diritto di essere informato delle ragioni alla base del provvedimento e di presentare controdeduzioni. Inoltre, è possibile impugnare l’interdittiva davanti al giudice amministrativo per contestarne la legittimità.​

Conclusioni

Sebbene le interdittive antimafia siano strumenti fondamentali per prevenire l’infiltrazione mafiosa nelle istituzioni, la loro applicazione a dipendenti pubblici, e in particolare a membri delle forze di polizia, è complessa e richiede un’attenta valutazione delle circostanze specifiche. È essenziale garantire un equilibrio tra la necessità di prevenzione e la tutela dei diritti individuali, assicurando che ogni provvedimento sia basato su elementi concreti e sia adottato nel rispetto delle garanzie procedurali previste dalla legge.​

Interdittive Antimafia Gruppo Interforze Antimafia quando sbagliano valutazioni

Una questione di particolare rilievo giuridico.

Il Gruppo Interforze Antimafia (GIA) è un organismo tecnico-consultivo composto da rappresentanti di diverse Forze dell’Ordine, che coadiuva il Prefetto nelle attività di accertamento. Tuttavia, la responsabilità dell’adozione dell’interdittiva rimane esclusivamente prefettizia, non delegabile. Il GIA fornisce elementi e pareri, ma non adotta alcun provvedimento.

Quando le valutazioni sono erronee: rimedi e giurisprudenza

Qualora la valutazione del GIA sia ritenuta erronea o eccessivamente sospetta senza concreti indizi di condizionamento mafioso, l’interdittiva può essere impugnata:

  • ricorso al TAR, entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento;

  • ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, entro 120 giorni.

I giudici amministrativi, specie il Consiglio di Stato, hanno affermato più volte che, sebbene l’interdittiva antimafia sia un atto preventivo, essa deve fondarsi su elementi oggettivi, attuali e concreti, e non su mere supposizioni o collegamenti indiziari non significativi.

Ad esempio, la giurisprudenza ha riconosciuto l’illegittimità di un’interdittiva basata solo su legami parentali o su frequentazioni occasionali, ritenute non sufficientemente indicative di un condizionamento mafioso (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 1743/2021).

Responsabilità in caso di errore

Se le valutazioni errate del GIA sono recepite acriticamente dal Prefetto, ciò può dar luogo a responsabilità dell’amministrazione per danno ingiusto, ex art. 2043 c.c., anche se non agevolmente configurabile. Infatti:

  • La natura discrezionale dell’interdittiva rende arduo il riconoscimento di una colpa dell’amministrazione.

  • Tuttavia, in casi di manifesta abnormità o di assenza di istruttoria, la giurisprudenza ha talvolta accolto domande risarcitorie.

Gruppo Interforze Antimafia valutazioni errate cosa rischiano

La questione riguarda la responsabilità giuridica del Gruppo Interforze Antimafia (GIA) – solitamente istituito presso le Prefetture – nel caso in cui esprima valutazioni errate, ad esempio in sede di informativa antimafia che comporti l’esclusione da un appalto o la revoca di autorizzazioni/licenze.

Per inquadrare giuridicamente la fattispecie, è necessario distinguere:


1. Natura delle valutazioni del GIA

Il GIA è un organo tecnico-consultivo che concorre alla formazione del giudizio prefettizio sulla sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose in un’impresa, ai fini del rilascio dell’informativa antimafia interdittiva. Tuttavia, il provvedimento finale è adottato dal Prefetto, che rimane formalmente e sostanzialmente titolare della decisione.


2. Responsabilità in caso di errore

Se la valutazione del GIA risulta errata o infondata (ad esempio, se si basa su presupposti fattuali inesatti o su un’interpretazione giuridica distorta), le conseguenze giuridiche possono essere:

a) Annullamento giurisdizionale dell’interdittiva

Il destinatario può impugnare l’interdittiva davanti al giudice amministrativo (TAR), e in tale sede il provvedimento può essere annullato se risulta viziato (per eccesso di potere, carenza istruttoria, travisamento dei fatti).

b) Responsabilità civile della pubblica amministrazione

A seguito di annullamento, può sussistere responsabilità per danni ai sensi dell’art. 2043 c.c. (illecito aquiliano), a condizione che venga dimostrata la colpa grave o il dolo. Tuttavia, tale responsabilità riguarda la Prefettura, non direttamente il GIA, salvo responsabilità personale in casi eccezionali.

c) Responsabilità erariale e disciplinare

Se l’errore deriva da negligenza grave dei componenti del GIA, potrebbe profilarsi anche una responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale, accertabile dalla Corte dei Conti, oltre a possibili procedimenti disciplinari per i funzionari coinvolti.


3. Ipotesi di responsabilità penale

È residuale ma non esclusa: in presenza di comportamenti dolosi (es. falsificazione di atti, abuso d’ufficio), potrebbe configurarsi un illecito penale. Tuttavia, l’accertamento spetterebbe al giudice penale, previa verifica dei presupposti soggettivi e oggettivi.

Gruppo Interforze Antimafia valutazioni errate come denunziare

Per inquadrare correttamente la questione è opportuno precisare alcuni elementi. Tuttavia, a titolo generale, ecco l’inquadramento giuridico della tematica proposta.

1. Premessa

Il Gruppo Interforze Antimafia (GIA), operante presso le Prefetture, è un organo tecnico consultivo che coadiuva il Prefetto nelle attività di prevenzione antimafia, in particolare nella valutazione delle informazioni ai fini dell’adozione di interdittive antimafia ex art. 84 e ss. del D.Lgs. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia).

Se ritieni che una valutazione del GIA sia viziata da errori di fatto o di diritto, o addirittura travalichi i limiti di legge, esistono diverse possibili iniziative a seconda del contesto in cui tale valutazione è stata utilizzata:


2. Impugnazione dell’interdittiva prefettizia

Se la valutazione ha condotto all’adozione di una informazione antimafia interdittiva:

  • Strumento: Ricorso al TAR competente per territorio (solitamente quello del luogo in cui ha sede l’impresa) ex art. 29 c.p.a.;

  • Termine: 60 giorni dalla notificazione o comunicazione del provvedimento;

  • Motivi: Violazione di legge, eccesso di potere, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, violazione del contraddittorio.


3. Tutela penale e civile

Se le valutazioni del GIA sono state espresse con dolo o colpa grave, e abbiano integrato falsità o diffamazione, è astrattamente configurabile:

  • Esposto o querela alla Procura della Repubblica per ipotesi di reato (es. abuso d’ufficio ex art. 323 c.p., calunnia, diffamazione, falsità ideologica in atto pubblico, ecc.);

  • Azione civile per risarcimento del danno nei confronti della P.A. ex art. 2043 c.c. e art. 28 Cost., previa esperibilità del ricorso amministrativo ove previsto.


4. Accesso agli atti

È opportuno richiedere accesso agli atti ex art. 22 ss. L. 241/1990 per conoscere esattamente il contenuto delle valutazioni del GIA, i documenti posti a base della determinazione prefettizia e ogni altro elemento utile a ricostruire l’istruttoria.


5. Segnalazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)

In presenza di anomalie procedimentali o violazioni di principi di trasparenza e imparzialità, può essere valutata anche una segnalazione all’ANAC.


Avvocatura dello stato copia incolla riproduce integralmente le accuse interdittiva antimafia

nell’ambito del giudizio amministrativo, molto probabilmente davanti al TAR o al Consiglio di Stato, dove l’Avvocatura dello Stato si è costituita in difesa dell’Amministrazione (Prefettura o Ministero dell’Interno), depositando una memoria che riporta integralmente e acriticamente il contenuto del provvedimento interdittivo antimafia.

Questa condotta può essere giuridicamente inquadrata sotto diversi profili:

1. Rilievo formale e sostanziale della condotta

Nel processo amministrativo, le difese dell’Avvocatura dello Stato devono rispettare il principio del contraddittorio e contribuire a chiarire i presupposti fattuali e giuridici del provvedimento impugnato. Una mera riproduzione pedissequa e priva di argomentazioni autonome del provvedimento impugnato può essere letta come un vizio di carenza di motivazione nelle difese, che, pur non incidendo di per sé sulla legittimità del provvedimento originario, rileva sotto il profilo del comportamento processuale della P.A. resistente.

2. Riflessi sul merito del giudizio

Nel contesto delle interdittive antimafia, la giurisprudenza richiede una valutazione autonoma e concreta da parte della Prefettura. Se l’Avvocatura si limita a trascrivere, anche in giudizio, le stesse motivazioni senza offrire chiarimenti, ciò può rafforzare eventuali censure di carenza di istruttoria, difetto di motivazione o eccesso di potere nel provvedimento impugnato.

3. Profili giurisprudenziali

La giurisprudenza amministrativa, pur non censurando in sé il “copia e incolla”, ha più volte evidenziato l’obbligo per l’Amministrazione di giustificare in giudizio il proprio operato con un contributo processuale attivo. Una memoria difensiva del tutto tautologica potrebbe essere valorizzata dal giudice come sintomo di debolezza istruttoria.

Tags: interdittive antimafia
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